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La nuvola del poeta

il poeta maschera e nasconde il suo tempo
segna i confini tra il vero e il non vero
giudica l’ipocrita e il suo corteo
guarda intorno il luccichio delle città
raccoglie i lamenti dei morienti
lo sguardo dei passanti è pietra lavica
poi nelle sue frasi c’è il cielo quotidiano
l’adeguarsi ai prezzi correnti
un nido di papaveri nel campo di grano

Stanchezza

 

sono stanco

del mare nero

della terra infuocata

del vicino di viaggio

dell’amico stupito

del politico etero/eterno

del pastore gaglioffo

dei santi che prega

per darsi una verginità

sono stanco

di te amico/fratello

che assolvi il mio male

per la tua incapacità

di fare meglio

Facile predizione

 

La notte non sogno, trasecolo:

infiniti e sottili fantasmi

s’intromettono, stanche Pizie

con la pretesa di dirmi quando

fugano o chiamano nuvole

nere, strani segni, probabili

direzioni quale futuro

se non il solito ritorno al padre.

La sera della speranza

     (Leggendo Elise Ciarenz, Odi armene)

 

“correte verso il Rosso Futuro”

così si spiegò e si piegò il giunco

al volere dei venti del nord

quando la morte portava speranza

sulle ali di un vuoto da riempire

 

tra la Moscova e il Baltico

mille voci aprirono il futuro

negli inverni di neve e gelo

nei bivacchi intorno ai fuochi

nelle declamazioni a teatro

il proletariato è il nostro futuro

 

insieme all’anonima morte

nei campi in Siberia

nel silenzio profondo dei suicidi

tacevano i giorni invasi

dal sacro fuoco d’ottobre

si spegnevano i canti alti

fino alle vette del Caucaso

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