Edoardo Penoncini
Il viandante si riconosce dopo / che è passato, sparendo nel nebbione (Boris Pasternak)
La nuvola del poeta
il poeta maschera e nasconde il suo tempo
segna i confini tra il vero e il non vero
giudica l’ipocrita e il suo corteo
guarda intorno il luccichio delle città
raccoglie i lamenti dei morienti
lo sguardo dei passanti è pietra lavica
poi nelle sue frasi c’è il cielo quotidiano
l’adeguarsi ai prezzi correnti
un nido di papaveri nel campo di grano
Stanchezza
sono stanco
del mare nero
della terra infuocata
del vicino di viaggio
dell’amico stupito
del politico etero/eterno
del pastore gaglioffo
dei santi che prega
per darsi una verginità
sono stanco
di te amico/fratello
che assolvi il mio male
per la tua incapacità
di fare meglio

Facile predizione
La notte non sogno, trasecolo:
infiniti e sottili fantasmi
s’intromettono, stanche Pizie
con la pretesa di dirmi quando
fugano o chiamano nuvole
nere, strani segni, probabili
direzioni quale futuro
se non il solito ritorno al padre.
La sera della speranza
(Leggendo Elise Ciarenz, Odi armene)
“correte verso il Rosso Futuro”
così si spiegò e si piegò il giunco
al volere dei venti del nord
quando la morte portava speranza
sulle ali di un vuoto da riempire
tra la Moscova e il Baltico
mille voci aprirono il futuro
negli inverni di neve e gelo
nei bivacchi intorno ai fuochi
nelle declamazioni a teatro
il proletariato è il nostro futuro
insieme all’anonima morte
nei campi in Siberia
nel silenzio profondo dei suicidi
tacevano i giorni invasi
dal sacro fuoco d’ottobre
si spegnevano i canti alti
fino alle vette del Caucaso